Castello di Grottole – Sichinulfo
Castello di Grottole e la leggenda di Abufina
Castello di Grottole: La struttura originaria era formata da 13 vani soprani, da 6 vani sottani, da una stalla e da una cantina. Il castello fu posseduto nel tempo da varie ed illustri famiglie del Regno di Napoli, tra cui:
– Gianvilla
– Pisciscelli-Zurlo
– Gaetano Dell’Aquila D’Aragona
– Sanchez De Luna D’Aragona
– Spinelli di San Giorgio
– Caracciolo di Melissano
– Sanseverino di Bisignano.
La tradizione vuole che il castello di Grottole sia stato edificato nell’851 da Sichinulfo, un duca longobardo che all’epoca era Principe di Salerno, utilizzando materiale calcareo. Circondato da una serie di merli e feritoie, da cui numerosi arcieri difendevano il paese, il castello, così come si legge nei Registri Angioini, era cintato di mura, con vallo e ponte levatoio. Probabilmente il duca Sichinulfo volle erigere questa fortezza, soprattutto per difendere i territori venuti in suo possesso.
Leggenda (tratta dal “Corriere Jonico” a cura di Maria Cera): Oggi non rimane che un colossale torrione, con una sola finestra spalancata verso il paese e, se la si osserva con attenzione nelle notti di luna e nei mesi da aprile a giugno, pare sia facile vedervi una figura di una donna. E’ Abufina, la più bella e la più sfortunata ragazza mai vissuta in Grottole, vittima della sua grande storia d’amore. Un giorno Abufina, bellissima dama, ricamava seduta accanto alla finestra del torrione: possedeva una candida pelle come latte e pensava al suo amore, Selepino, che combatteva in terra lontana. All’improvviso, mentre era intenta ai lavori domestici, avvertì lo scalpitio di un cavallo; era un messaggero che portava un plico che così recitava: “Vieni, Abufina, vieni da me; io che uccido i nemici, me l’amore mi uccide; vieni, Abufina, vieni da me: insieme con te al castello di Grottole sol tornerò; fà presto, fà presto…”. E Abufina partì, ma il bianco cavallo, distratto dalle pietre luccicanti e scivolose del fiume Basento, s’impennò, e la bella fanciulla fu travolta nei vortici del fiume. La leggenda narra che il signore del castello, per onorare la memoria della fanciulla morta per andare incontro al suo amore, vi collocò una lapide (di cui era possibile vedere fino agli inizi del secolo scorso dei frammenti) con una scritta: “Ad Abufina la bella, che corse, cui fu dolce morire d’amore; questa torre che fu tua dimora, parli sempre alle genti di te. Ogni amante ti porga un saluto, e si stringa al suo cuore l’amata…”. Ancora oggi il Basento, pentitosi per aver distratto il cavallo bianco, pare che mormori ogni tanto il nome di Abufina.
La Legenda di Abufina e Selepino
Un giorno ricamava seduta accanto alla finestra del torrione, (bianca nelle carni come latte e fulva come la messe quando è sul punto di essere mietuta)…, pensava a Selepino, il suo “cuore”, che combatteva in terra lontana…quand’ecco…lo scalpitio di un cavallo…un messo e un plico: “Vieni Abufina, vieni da me, insieme con te al Castello di Grottole solo tornerò; fa presto, fa presto…” ed Abufina partì, ma aimhè, il bianco cavallo, nel guadare il Basento si impennò e la bella fanciulla fu travolta dai vortici del fiume. Il signore del Castello per onorare la memoria della fanciulla morta per andare incontro al suo amore, face murare la porta d’ingresso della stanza dove Abufina era solita passare il suo tempo in attesa e vi collocò una lapide – di cui era possibile vedere fino agli inizi del secolo scorso dei frammenti con su scritto: “Ad Abufina la Bella, che corse cui fu dolce morire d’amore questa torre che fu tua dimora parli sempre alle genti di te. Ogni amante ti porga un saluto e ti stringa al cuore l’amata”.